Ha festeggiato 50 anni regalando (e regalandosi) un libriccino, un «oggetto»
minuto e artigianale, ma non per questo meno importante e prezioso. Costa
molto (100 mila lire per la chicca) Bugie vere, ma le perle di Paolo
della Bella - e degli amici di Ca Balà,
antica rivista di satira e humour, che sono un tutt’uno con le poesie e
i disegni dell’autore - meritano rispetto. Intanto sono autografate e numerate; quindi
eseguite con grande perizia, sia cromatica sia letteraria ed editoriale
(Amanrote); infine hanno, nella loro supposta modestia, padrini straordinari:
un disegno che ricorda il Don Chisciotte di Picasso in copertina, una dedica
col manifesto del dadaismo a opera di Tristan Tzara, un lungo brano di
Dubuffet tratto dal progetto preliminare all’art brut. I movimenti dell’arte
e della letteratura contemporanea danno al lavoro di Della Bella una patina
di avanguardia bella e buona. Avanguardia che nel ‘77, anno delle brevi,
ma intense liriche corredate da disegni surreali e coloratissimi, sgorgava
nel sangue suo e di Ca Balà, postasi a difesa degli emarginati
e di anonimi, immaginari, creatori di sogni.
La particolarità del piccolo evento è un fatto principalmente
estetico, per carità, ove il sogno e il gioco si mischiano senza
barriere. Che ne dite di un libro chiuso a chiave? Così è
questo Bugie vere: il lucchetto di uno scrigno, la piccola serratura
che si apre e chiude a ogni lettura. E se l’ingranaggio si rompe? Il libro
è prezioso, dicevamo, e dunque va trattato come le cose preziose:
non bisogna abusarne, come degli affetti: quelli che gli amici dimostrano
a Paolo della Bella sgorgano dal cuore e al cuore tornano, senza ritegno.
Don Chisciotte è in lui e in tutti quelli che hanno seguito il percorso
da Ca Balà a oggi: disegni suggestivi, lampi di colore, montaggi
fotografici che danno forza alle cose da dire (una grande bocca: le parole
non si possono frenare) o la fantasia che non può essere limitata,
che non ha età tanto che chi non la coltiva, come dice Dubuffet,
«è un manichino, un essere dappoco».
Se gli affetti di Buonarroti, Braschi, Nencini, Albani, Pinzauti, Incerti,
Mineccia, Frangioni, Pesci, Zetti, Perugi sono collaterali, i sogni di
Della Bella, impigliati tra le gambe del comodino, viaggiano liberi fra
il disegno e la grafica, la poesia e la fotografia, il sogno e l’utopia,
l’anarchia e la rassegnazione: i sogni sono a bizzeffe, di speranze se
ne riempie un supermercato, le carezze fanno il resto, basta non rinunciare:
«io sono Don Chisciotte per fortuna, e perché mai dovrei uccidere
il chiaro di luna?».